La cornetta d'argento

Bompiani, Milano, 1973, pp. 114

Note: Florestano Vancini desiderava realizzarne un film (cfr. Giacomo Gambetti, Florestano Vancini, Gremese, Roma, 2000, p. 100).


Critica

[…] Ma torniamo agli anni cinquanta. Proprio in quel tempo, l'allora esordiente Giuseppe D'Agata scrive un racconto parzialmente autobiografico. Vi si narra della dolorosa maturazione di un giovane nella Bologna incupita della guerra, fra rastrellamenti, organizzazione della resistenza e passione crescente per la musica americana. Complesse vicende editoriali impedirono l'uscita di quelle pagine, confluite nel romanzo Il circolo Otes (1966) con il titolo di Bix e Bessie. Concepito nel clima letterario degli anni sessanta, Il circolo Otes si interroga sul senso dello scrivere sperimentando al proprio interno diverse possibilità espressive. Fra queste, una di esplicita ispirazione jazzistica, come si vede già nell'incipit di quel romanzo che è Bix e Bessie:

Quando c'è Bix da bere non manca dice il batterista mentre dalla bottiglia che è di whisky prendono un bicchierino a testa e sta arrivando tutta gente da grana come osserva il sax-clarinetto [...].

Ma circola nel testo qualcosa che oltrepassa la pure suggestione, e tende a colloquiare con lo spirito del jazz trasferendone sulla pagina la carica pedagogica, cioè a dire il potere liberatorio. Secondo Pietro Cazzani, l'autore riuscirebbe a "dar vita e suono, anche arduo e complesso, anche in apparente aritmicità e controcanto, a tutta una polemica sul come scrivere che dev'essere in subordine a quello che si scrive". Nel 1973 D'Agata riprende la prosa giovanile, la amplia, la pubblica in edizione autonoma ma con il titolo originale: La cornetta d'argento, mantenendo la struttura originaria ma precisandone la fisionomia di Bildungsroman. Dalla cantina isolata, dove i protagonisti consumano «ore e ore rubate alla guerra» suonando la musica dei negri, Mario uscirà infine all'aperto grazie a Bessie, la cui voce lo incanta e il cui misterioso coraggio lo trascina a prendere coscienza di sé. Sarà allora il trionfo, seppur drammatico, della musica e della libertà, poiché dalla cornetta di Mario verrà il segnale della riscossa antifascista. Libertà esecutiva (la capacità di improvvisare di cui Mario discute con gli amici) e libertà sociale e politica si costituiscono quale percorsi paralleli, mediati dalla ragazza:

"Davvero non riesco a capire cosa c'entra il fascismo col jazz.
"Si tratta di musica."
"Non è come un'altra", dice Bessie.
"Perché è negra, è americana".
"No, perché è di gente sfruttata, di schiavi che vogliono la libertà";

e trovano infine il loro compimento di fronte al mistero di una perdita (la morte di Bessie per mano dei fascisti), allorquando Mario per la prima volta "tenta di riflettere, di abbracciare tutta la verità che egli si è fatta incontro d'improvviso". Evitando la trappola del compiacimento esotizzante, il jazz si presenta qui in una veste inedita ma convincente. Come il flauto magico di mozartiana memoria, la cornetta d'argento è lo strumento di un'iniziazione: la conquista del suono indica, e implica, l'uscita del chiaroscuro dell'adolescenza e l'entrata nel mondo della consapevolezza e della responsabilità.
Giorgio Rimondi, La scrittura sincopata: jazz e letteratura nel Novecento italiano, Mondadori, Milano, 1999, pp. 203-204.