Una pistola nel cassetto

regia di Gianni Bongioanni (1974)

soggetto: Giuseppe D'Agata; sceneggiatura: Gianni Bongioanni; interpreti: Mario Valdemarin, Antonio La Raina, Elena Saez Persiani, Sergio Messina, Jose Quaglio, Anna Lelio, Gianni Bongioanni, Bruno Alessandro, Franco Odoardi, Giorgio Bersani;
produzione: Film 73; messa in onda televisiva: 12 e 19 marzo 1974, Programma Nazionale, ore 20.40.


Rassegna stampa
Prende il via stasera un originale televisivo in due puntate scritto e diretto da Gianni Bongioanni. Ne sono interpreti Mario Valdemarin, Bruno Alessandro, Enzo Venzi, Lelio Potenza, José Quaglio, Nino Bagnoli, Anna Lelio, Gianni Bongioanni, Duilio Olmi, Franco Odoardi, Giorgio Bersani. Nonostante il titolo possa lasciarlo supporre, non si tratta di un “giallo” vero e proprio. Il protagonista di Una pistola nel cassetto è Mario Pagani, cassiere di una grande azienda. Di questi tempi, il suo è un lavoro pericoloso: ogni settimana, l’impiegato deve prelevare in banca una forte somma per le buste-paga degli operai. I suoi dirigenti, un giorno, finiranno per costringerlo a portare con sé una pistola. A questo punto, il dramma umano di Mario Pagani comincerà a prendere consistenza.
«L’Unità», 12 marzo 1974.

Strano telefilm, Una pistola nel cassetto. La prima parte, trasmessa martedì scorso, raccontava di un cassiere di un'azienda che riceve l'ordine dalla direzione di munirsi di rivoltella quando si reca a prelevare i soldi per le buste-paga. Il tipo è tranquillo e pantofolaio, ma come impugna l'arma scopre d'essere un pistolero di prim'ordine tanto che malcapitati i banditi che tentano di assalirlo: due sono feriti da precise revolverate e il terzo se la dà a gambe terrorizzato. Scalpore, giornali, soprattutto tv, foto, notorietà, elogi... Ha fatto bene o ha fatto male a sparare? Sorgono delle discussioni. E vengono avanzati addirittura dei sospetti. Mica il probo cassiere era d'accordo coi rapinatori e la sparatoria è stata una lite per la divisione del bottino? Il brav'uomo viene convocato in questura, trattato piuttosto villanamente, gli prendono persino le impronte digitali: dopo di che il commissario lo torchia per ore, e c'è bisogno di un avvocato per la difesa... Alla fine i due furfanti feriti si decidono a confessare, il latitante è acchiappato, tutto è chiaro, il cassiere, maledicendo la pistola, tira un respiro di sollievo. Sembrerebbe una storia chiusa. E niente male, anche, e come idea e come realizzazione. Il torinese Gianni Bongioanni è un pioniere del telefilm in Italia: rammentiamo un suo racconto su una donna separata dal marito che era un pezzo eccellente. È un regista che ci sa fare e nella prima parte di Una pistola nel cassetto, ad onta di alcune pause e di alcune lungaggini, l'ha dimostrato: la sequenza della rapina è forte e incisiva. Purtroppo la storia non è finita con martedì scorso, ma ha avuto ieri una seconda parte la quale è un'altra storia, un altro telefilm dove il protagonista (il bravo Mario Valdemarin, troppo spesso dimenticato) scompare, e protagonisti diventano suo figlio e un suo compagno di scuola, un odioso ragazzino filonazista; le forzature si moltiplicano e viene fuori l'ansia di buttare sul tappeto una quantità di problemi, la violenza, lo sbandamento giovanile, i rapporti tra generazioni diverse, il tutto condito da uno scoperto moralismo televisivo. Mentre ci auguriamo che questa seconda parte non sia stata vista da minori eccitabili e inclini a sparare dagli ultimi piani dei palazzi, ci rammarichiamo che Bongioanni non si sia fermato al soggetto iniziate e abbia sprecato l'occasione di fare un bel film.
u.bz. [Ugo Buzzolan], Telefilm drammatico e un profilo di Agnelli, «La Stampa», 20 marzo 1974.